Harley-Davidson dal crac al miracolo

Nel febbraio del 2007 i 3200 operai della fabbrica di York, in Pennsylvania, incrociarono le braccia per due settimane a causa di uno scontro con la proprietà su salari e benefici sanitari che paralizzò la produzione e – trattandosi del maggiore dei tre impianti nazionali – fece rischiare il crac aziendale. I seguenti due anni negativi, con vendite in costante calo e azioni indebolite, portarono ad un rimpasto ai vertici, con la nomina a ceo nel 2009 di Keith Wandell che, per prima cosa, andò proprio a visitare York arrivando alla conclusione che si trattava di «una fabbrica antiquata con metodi di lavoro insostenibili». Da qui la decisione di notificare ai sindacati che York sarebbe stata chiusa e spostata a Shelbville, in Kentucky, per consentire «maggior controllo sui costi». Fu l’inizio del negoziato che ha portato Wandell e sindacati a concordare una ristrutturazione dell’impianto di York indicata dal «Wall Street Journal» come «modello» di una «produzione flessibile», capace di «rispondere alla sfida del mercato globale».

Ecco di cosa si tratta: i 41edifici della fabbrica sono stati accorpati in un’unica struttura nuova, dove le operazioni di «sollevamento pesi» vengono svolte da robot, con la conseguente riduzione del numero dei dipendenti a circa mille, a cui se ne possono aggiungere un altro centinaio se le commesse lo richiedono. Inoltre le qualifiche professionali sono state ridotte da 62 a 5, prevedendo l’impiego dei dipendenti in mansioni differenti, con la conseguente riduzione del contratto aziendale da 136 a 58 pagine. «La trasformazione assomiglia al Big Bang», riassume Ed Magee, l’ex ufficiale dei Marines nominato alla guida dell’impianto di York, adoperando un’espressione che evoca la creazione dell’Universo.

Ma i risultati sui bilanci sono innegabili, perché i margini di profitto – escludendo le operazioni finanziarie – sono balzati dal 12,5 per cento del 2009 al 16 di quest’anno. Il successo della trasformazione di York ha portato ad applicare ricette simili negli impianti di Kansas City e Milwaukee, con l’effetto di ottenere quella che James Hardiman, analista del Longbow Research di Cleveland in Ohio, definisce una «fenomenale riduzione di costi», paragonabile ad «un’operazione a cuore aperto durante la maratona», perché l’impianto non è mai stato chiuso. Grazie alla collaborazione dei sindacati «Iam» (International Association of Machinists and Aerospace Workers), che vantano con gli iscritti d’essere riusciti a sventare il trasferimento dell’impianto in Kentucky.

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